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La sindrome di Alzheimer Torna indietro
La malattia di Alzheimer è una sindrome a decorso cronico e progressivo che colpisce circa il 5% della popolazione sopra i 65 anni e rappresenta la causa più comune di demenza nella popolazione anziana dei paesi occidentali. Viene definita “malattia familiare” poiché la progressiva perdita di autonomia da parte del malato, con tutte le difficoltà che comporta, irrompe all’interno della famiglia. Evolve, infatti, attraverso un processo degenerativo che distrugge lentamente e progressivamente le cellule del cervello provocando un deterioramento irreversibile delle funzioni cognitive, come la memoria, il ragionamento ed il linguaggio arrivando a compromettere l'autonomia funzionale e la capacità di svolgere anche le più semplici attività quotidiane.

Le risorse per affrontare la situazione, molto spesso le uniche risorse, sono i familiari per l’80% dei malati (il coniuge o un figlio). Il Caregiver, cioè colui che si prende cura di un malato di Alzheimer, sia esso un familiare, un operatore, una badante o un volontario, per poter essere un efficace “curante”, deve conoscere bene la malattia e le conseguenze che essa ha nel comportamento del malato. È per questo necessario che acquisisca conoscenza e competenza per essere in grado di affrontare tutti gli ostacoli che la vita quotidiana con il malato presenta.

Non esiste per ora alcun esame specifico per l’Alzheimer. La diagnosi si basa essenzialmente sull’attento esame clinico del paziente, dei sintomi o della sulla storia familiare, nel caso di forme ereditarie. Al momento non c’è neanche una terapia risolutiva per questa malattia, che rimane inesorabilmente progressiva. Un parziale miglioramento si ottiene con l’uso di una classe di farmaci chiamati inibitori della colinesterasi.

Si tratta di farmaci che hanno l’effetto di mantenere attivi più a lungo i segnali che vanno da un neurone all’altro. Questi farmaci hanno mostrato di poter rallentare anche per diversi mesi la progressione dei sintomi.

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