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ZoomGli Stati riconoscono il diritto del fanciullo di essere protetto contro lo sfruttamento economico e di non essere costretto ad alcun lavoro che comporti rischi o sia suscettibile di porre a repentaglio la sua educazione.
L’art. 32 della Convenzione sui diritti dell’infanzia approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1989, sancisce uno dei diritti fondamentali del bambino, ma anche il più ignorato. Infatti, ad oggi, sono circa 218 milioni i bambini tra i 5 e i 17 anni che lavorano nel mondo e di questi, circa 126 milioni sono impiegati in forme di lavoro che rappresentano un pericolo per il proprio sviluppo psico-fisico. Secondo stime dell’Oil, Organizzazione Internazionale del Lavoro, il 64,1% dei bambini lavoratori vive in Asia, il 25,9% nell’Africa sub sahariana, mentre il restante 10% si divide in altre regioni; il 69% è impiegato nel settore agricolo, il 22% nei servizi e il 9% nell’industria. La prima causa del lavoro minorile è la povertà, che costringe i genitori a far lavorare i figli; i minori ricevono paghe bassissime, non hanno contributi e spesso sono soggetti alle angherie dei padroni, che li preferiscono agli adulti, perché possono sfruttarli senza incorrere in rappresaglie. ![]() In Pakistan i minori cuciono palloni per circa l’80% delle industrie sportive mondiali, in Benin e Nigeria, i piccoli sono affidati a famiglie ricche, che li sfruttano come domestici, in Colombia lavorano nei campi sin dalla più tenera età. La situazione è resa ancora più drammatica dall’indifferenza di alcuni governi, che credono che il lavoro minorile contribuisca a far quadrare i conti della bilancia dei pagamenti, e per questo non denunciano lo sfruttamento di minori. Anche i paesi più ricchi non sono esenti da questo fenomeno; infatti, circa 2,5 milioni di minori sono impegnati in attività lavorative in luoghi a sviluppo avanzato, seppur con modalità e motivazioni differenti rispetto ai bambini nel Sud del Mondo; in Italia solo recentemente sono partiti i primi studi su questa realtà. |
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