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Sindrome da deficit di attenzione ed iperattività: cura o non cura? Torna indietro
Una malattia misteriosa che colpisce molti bambini, una cura pericolosa i cui effetti collaterali sono peggiori dei sintomi del morbo e test approssimativi per accertarne la diagnosi: sono questi gli elementi che ruotano intorno all’ADHD, la sindrome da deficit di attenzione ed iperattività.
E’ una credenza diffusa che si tratti un disturbo moderno, nato agli inizi degli anni ottanta. In realtà il disturbo attualmente classificato come ADHD si può far risalire ai primi del '900, e l'individuazione della categoria medica risale agli anni 1950-1960, con frequenti cambiamenti nelle definizioni fino a quella attuale.

La malattia inventata, come spesso è stata definita - che ha una rilevante incidenza statistica anche in Italia - è al centro di un dibattito, non solo scientifico, sul fatto che sia definibile o meno una reale entità patologica.
Le perplessità riguardano innanzitutto la diagnosi della malattia: i test sono superficiali e di dubbio valore scientifico, in quanto consistono in qualche domanda sul comportamento abituale del bambino, sulla sua capacità di portare a termine un compito o sulla sua vivacità. In aggiunta a questo, esiste il problema della cura, che a partire dagli anni ’90 viene effettuata generalmente con una sostanza stupefacente appartenente alla famiglia delle anfetamine, il RITALIN, a base di metilfenidato, che presenta effetti collaterali molto gravi: arresto cardiaco, psicosi, ansia, nervosismo, allucinazioni, depressione, insonnia, convulsioni, ridotta capacità di comunicare e socializzare e perfino autismo.

Da qualche anno in Italia, l’Istituto Superiore di Sanità fornisce diversi strumenti di assistenza ed informazione, istituendo un archivio permanente sulla somministrazione del farmaco per evitare l’abuso che viene fatto all’estero, in particolare negli Stati Uniti, proponendo cure alternative a quella farmacologia.

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