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|   Scuola e Volontariato Trova in questo notiziarioCerca la notizia a partire da una parola chiave contenuta nel titolo o nel sottotitolo oppure in base al periodo di pubblicazione.  Una scuola inclusiva‚ ma anche di qualitàAperta al territorio‚ accogliente‚ piena di idee. È la scuola che cerca di costruire il CPIA3 di Roma 01/10/2021
 Ripartire dopo l’emergenza‚ e ripartire migliori di prima. Questa è la sfida che sta di fronte a tutti noi – singoli cittadini‚ associazioni‚ istituzioni‚ imprese e così via – e interpella anche la scuola‚ soprattutto quella che vuole essere aperta a tutti‚ inclusiva‚ fonte di opportunità per chi è più in difficoltà. Ne abbiamo parlato con Ada Maurizio‚ dirigente scolastico del CPIA3 di Roma‚ attualmente distaccata all’estero; Pamela Di Lodovico‚ docente di italiano per stranieri e collaboratrice dell’attuale dirigente del CPIA3‚ nonché referente di molti progetti; Eleonora Di Maggio‚ referente del progetto contro la povertà educativa Tutti a Scuola‚ di cui il CPIA3 è partner. I Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti sono scuole statali rivolte a cittadini italiani e stranieri adulti (devono avere compiuto i 16 anni). Il CPIA3‚ in particolare‚ ha portato avanti negli anni progetti innovativi‚ basati sull’idea che l’educazione è un motore propulsore di crescita personale‚ culturale‚ sociale ed economica di tutti i cittadini. Il Centro diurno “Gli Scatenati” offre molte attività formative e culturali «Era l’anno scolastico 2015-2016‚ il primo anno del CPIA‚ e abbiamo pensato che andare noi nei luoghi dove si trovavano i ragazzi‚ fosse parte della nostra missione di scuola pubblica»‚ racconta Ada Maurizio. «Così è nato il progetto Gli Scatenati. Abbiamo formalizzato un accordo con il Centro Diurno Gli Scatenati‚ che accoglie ragazzi in difficoltà‚ spesso segnalati dall’autorità giudiziaria‚ molti dei quali Rom. Grazie ad esso gli insegnanti statali andavano a fare scuola presso il Centro. Ho incontrato subito la disponibilità dei docenti ed è stata‚ per il CPIA3‚ un’esperienza importante‚ che ha poi dato vita ad altre esperienze simili. Due anni fa le cose hanno cominciato a cambiare: il clima interno non era più lo stesso‚ il ruolo degli insegnanti veniva dato per scontato‚ se si cercava di fare un ragionamento un po’ più serio sulla valutazione si trovava qualche resistenza… Però abbiamo tenuto duro e abbiamo deciso di portare avanti il progetto‚ perché sapevamo che‚ se anche uno solo di quei ragazzi fosse riuscito ad uscire dalla situazione in cui si trovava‚ o comunque ad acquisire delle risorse‚ ne sarebbe valsa la pena. Poi le cose sono cambiate e tra l’altro è arrivata la pandemia. Dopo una serie di valutazioni abbiamo pensato che fosse arrivato il momento di far venire i ragazzi nella sede del CPIA3 a corso Vittorio». Pamela Di Lodovico. «I ragazzi e gli operatori non sono stati molto contenti di questo cambiamento (ne abbiamo parlato qui)‚ che però andava affrontato come un’occasione‚ che avrebbe permesso ai ragazzi di raggiungere una maggiore autonomia‚ oltre che di mettere alla prova la loro volontà di seguire il percorso. In fondo li portavamo al centro di Roma‚ in una vera scuola‚ con delle uscite didattiche‚ con dei compagni‚ con nuove esperienze. Un ambiente diverso da quello del Centro Scatenati‚ certo‚ ma che poteva offrire nuove opportunità». Eleonora di Maggio. «Il problema è che quando si parla di Rom non c’è mai niente di lineare: ci si trova sempre fra le mani una medaglia con un dritto e con un rovescio. Mi sembra importante quello che diceva Pamela: andare in centro con un gruppo di ragazzi Rom è una grandissima occasione educativa e in fondo è compito degli educatori rendere generativa qualsiasi esperienza i ragazzi facciano. Il problema è che la situazione dei Rom a Roma è talmente difficile‚ a causa delle politiche scellerate messe in campo negli anni‚ che non è facile neanche “leggere” la buon occasione. Lo dico in particolare per quanti provengono da Campi che si trovano ai margini della città‚ dai quali spostarsi verso il centro è una vera impresa‚ ma vale anche in considerazione della serietà delle valutazioni: in una situazione come quella dei Rom a Roma‚ il titolo di terza media diventa un fattore di cittadinanza più di quanto non lo sia ciò che si riesce a imparare e che si infrange in una quotidianità povera di qualsiasi stimolo e opportunità».». Reti Solidali. I dati della scolarizzazione dei bambini e dei ragazzi Rom a Roma sono disastrosi. Questa esperienza però apre uno scenario nuovo e scoprire che ci sono insegnanti motivati e disponibili è molto confortante. Ma perché è così difficile offrire percorsi scolastici degni di questo nome alle nuove generazioni Rom? Ada Maurizio. «La disponibilità dei docenti ha un grandissimo valore‚ ma è importante sottolineare anche che‚ per una scuola pubblica‚ con tutte le sue regole‚ mettere queste risorse all’interno di un percorso didattico-educativo‚ implica un impegno organizzativo non indifferente‚ che comprende relazioni sindacali‚ accordi interni e così via. Abbiamo realizzato questa esperienza all’interno di una cornice di accordi e di regole: significa che queste persone svantaggiate si possono raggiungere‚ o andando o accogliendo. Il risultato è che abbiamo visto dei risultati sul piano didattico‚ ma non solo: è stata anche un’esperienza formativa per gli insegnanti che l’hanno fatta. Si sarebbe anzi potuto strutturare un percorso di formazione per gli insegnanti‚ a partire da qui. Insomma‚ questa esperienza ha un respiro molto ampio‚ come modello di collaborazione tra pubblico e privato‚ come percorso di formazione per gli insegnanti‚ come esempio di organizzazione…» Eleonora Di Maggio. «Questa annotazione si inserisce nel dibattito più attuale sulla scuola: proprio in questo momento in cui la scuola è chiusa non si fa che parlare di come “aprirla” al territorio‚ alla costruzione di reti… Questo potrebbe essere lo sfondo sul quale costruire una nuova collaborazione‚ che sia una sperimentazione di modelli per costruire una scuola più inclusiva‚ aperta al territorio in un interscambio generativo‚ che sia davvero la scuola della seconda opportunità». 
 …continua a leggere l’articolo di Paola Springhetti su Reti Solidali 
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