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Essere adolescenti e migranti

Per capire e affrontare le problematiche dei giovani stranieri   12/05/2006


Andare a cercarli i problemi, non aspettare che i giovani vengano a noi. Il disagio negli adolescenti, che è fisiologico, non deve divenire né patologico né preoccupante. Questo avviene quando non arrivano risposte alla sofferenza, quando le iniziative non sono collegate ad una rete d’intervento.
Occorrono aree di intervento sinergiche che operino a favore dei giovani, affinché non vadano a finire in un centro di igiene mentale per adulti, poco adatto alla risoluzione delle loro problematiche. Questo è quanto è emerso nel convegno Adolescenza e migrazione. L’Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Roma Raffaela Milano, a testimonianza di un impegno comune, vuole un nuovo piano territoriale che metta insieme tutti gli interventi: Non abbiamo bisogno di interventi sporadici, occorrono istituzioni diverse per progettare sul territorio, in vista del benessere dei ragazzi e dei bambini. Per Franca Eckert Coen, Consigliera delegata del Sindaco di Roma alle Politiche delle Multietnicità, si deve passare dalla T di Tolleranza alla T di Talento: L’immigrazione non deve essere solo umiliazione, come le file per il permesso di soggiorno a cui abbiamo assistito recentemente. Deve dar voce agli stranieri. E’ necessario inoltre entrare nel loro punto di vista, come sostiene Giulia Rodano, Assessore alla Cultura, allo Sport e allo spettacolo della Regione Lazio.
Il principale problema avviene al momento del ricongiungimento familiare dei figli, già adolescenti, che si recano nel paese ospitante dei loro genitori. Infatti i giovani si trovano a convivere non solo con due culture differenti, ma anche con una realtà diversa da quella figurata durante la lontananza.
Altri punti di criticità sono: l’inserimento scolastico, che registra un tasso di ritardo molto alto; l’apprendimento della lingua italiana, che spesso avviene in età critica: la comprensione diviene carica non solo di difficoltà, ma anche di ostilità.

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