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A Viterbo: Ritratti in quattro minuti

Un reportage dal carcere di Mammagialla   23/04/2009


Il 22 aprile, presso la Chiesa di San Carluccio a Viterbo è stata presentata la mostra fotografica di Daniele Vita intitolata Strada S. Salvatore 14/b: Tante storie, un racconto e aperta fino al 27 aprile 2009.
La scelta di intitolare il proprio lavoro con l’indirizzo di una via, nasce dalla volontà da parte del fotografo di porre l’attenzione su un luogo per lo più sconosciuto, che demarca la città di Viterbo dalla campagna e dalla zona archeologica di Ferento. In questo non-luogo, come Vita ama indicare, si trova la Casa Circondariale di Viterbo, comunemente conosciuta come carcere di Mammagialla, all’interno della quale operano diverse associazioni di volontariato impegnando i circa 400 detenuti in attività sociali e culturali.
Il reportage di Daniele Vita nasce come documentazione di una di queste attività: il laboratorio teatrale realizzato grazie all’intervento delle associazioni Arci Solidarietà e Gavac , insieme al preziosissimo lavoro della regista Mariella Sto. L’attività teatrale viene a costituirsi, in questo caso, come momento altamente rieducativo, occasione di riflessione individuale ed intima che consente al singolo individuo di entrare in relazione con se stesso e con gli altri, giungendo così ad una forma di ribaltamento del senso del reato che, invece, ha come presupposto la totale negazione dell’esistenza dell’altro.
Le quattro gigantografie con i ritratti degli attori realizzati in quattro minuti, il tempo intercorso tra la fine delle prove e l’ attimo prima di ritornare in cella, sono il prodotto di una lettura personale da parte di Vita. Il fotografo restituisce all’osservatore soggetti fortemente caratterizzati, secondo la formula del buono brutto e cattivo la quale, in questo caso, non intende essere stereotipo, ma piuttosto frutto di un’interpretazione individuale da parte dell’artista. Attraverso le gigantografie Vita si propone di suscitare un impatto forte in chi osserva colpito dal trovarsi di fronte a delle fotografie che non hanno come soggetto dei detenuti, come ci si aspetterebbe, ma piuttosto immagini che potrebbero benissimo essere riferite ad un altro contesto, per esempio quello delle pubblicità sportive.

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